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Australia: nuovo sbiancamento dei coralli

sbiancamento coralli

Dopo i terribili incendi che hanno flagellato il Paese, ora l’Australia si trova a fronteggiare un altro gravissimo problema: il massiccio sbiancamento della barriera corallina. E’ la terza volta in cinque anni, dopo gli episodi del 2016 e del 2017. L’annuncio arriva dall’Agenzia responsabile del Parco Marino della Grande Barriera Corallina, dopo l’allarme lanciato dai ricercatori del Centro di eccellenza per gli studi della barriera corallina della James Cook University. Al momento si sta sorvolando la zona cercando di valutare la portata del fenomeno. Lo studio, che si concluderà nei prossimi giorni, ha già evidenziato fenomeni di esteso sbiancamento che coinvolge sia le aree più vicine alla costa della Barriera al nord, sia alcune aree che non erano state toccate da precedenti fenomeni di sbiancamento al sud.

 

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Lo sbiancamento: una risposta ai cambiamenti climatici

Uno dei fattori alla base dello sbiancamento dei coralli è l’aumento delle temperature. Quest’anno in Australia, infatti, si sono registrate temperature altissime durante l’estate 2019/2020, in particolare a febbraio e marzo 2020.  Caldo record che ha inevitabilmente portato a un drastico aumento anche delle temperature marine. A spiegarlo è la Gbrmpa, Great barrier reef marine park authority (Gbrmpa), agenzia responsabile dell’area protetta.

A causa dell’innalzamento termico i coralli espellono le alghe (zooxanthellae) che vivono nei loro tessuti ed è questo a causare lo sbiancamento. Nonostante il notevole stress, tuttavia, non è detto che i coralli non possano sopravvivere al fenomeno di sbiancamento. Tutto dipende dalle temperature. Se le temperature tornano alla normalità entro le 6-8 settimane ci sono buone probabilità di sopravvivenza per i coralli. Nel 2016, ad esempio, il 93% dei coralli della Grande Barriera Corallina è stato soggetto a sbiancamento, di questo solo il 22% è poi morto.

 

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I cambiamenti climatici stanno minacciando questo ecosistema unico, mettendo a rischio le comunità locali e gli operatori turistici che dipendono dalla conservazione della barriera corallina, ancora di più in questo momento in cui il Covid19 mette a rischio il loro lavoro”, commenta Giorgia Monti, campagna Mare di Greenpeace Italia.

 

Sbiancamento 2020 più grave dei precedenti

Nonostante gli scienziati del Great Barrier Reef Marine Park abbiano rilevato che alcune aree della barriera non sembrano aver subito uno scolorimento massivo, questo evento del 2020 è tra i più gravi verificatisi finora. Non è ancora possibile fare un raffronto con gli eventi del 2016 e 2017, che provocarono la morte di quasi metà dei coralli della barriera. Tuttavia si tratta di un episodio “più grave di quelli verificatisi nel 1998 e nel 2002”, ha spiegato Terry Hughes, direttore dell’Arc Centre of excellence for coral reef studies dell’università James Cook.

 

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“Due terzi della barriera corallina sono stati danneggiati da eventi simili nel 2016 e nel 2017”, afferma David Wachenfeld, Great Barrier Reef Marine Park Authority.

“Le ultime indagini aeree hanno dimostrato che lo sbiancamento era rilevabile in molte zone con diversi livelli di intensità, ma comunque in misura maggiore rispetto agli eventi precedenti“, prosegue il ricercatore.

La barriera era ancora in fase di ripresa dagli eventi del 2016 e del 2017 e questo episodio non fa che peggiorare la situazione. I cambiamenti climatici stanno inasprendo l’impatto di questi eventi, che oltretutto sono sempre più frequenti”, osserva infine Wachenfeld.

 

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Barriera corallina australiana: Patrimonio dell’Umanità

La Grande Barriera Corallina Australiana rappresenta uno degli ecosistemi più ricchi del pianeta. Con i suoi oltre 2400 chilometri di estensione è il più vasto sistema corallino al mondo, talmente vasto che è visibile addirittura dallo spazio. Si estende al largo della Queensland dalle località di Maryborough e di Bundaberg nel sud fino ad arrivare oltre Cape York nell’estremo nord e comprende 2900 barriere coralline singole e 900 isole.

Scoperta da James Cook intorno al 1770, nel 1981 è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco e patrimonio nazionale australiano dal 2007.

Gran parte della Barriera è protetta dal Parco Marino che ha il compito di difendere la biodiversità di un habitat così delicato e complesso. Ma sfortunatamente neanche il Parco può nulla contro lo sbiancamento dei coralli dovuto all’innalzamento delle temperature e all’acidificazione degli oceani.

 

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Salvare i coralli, si può?

I ricercatori ritengono che le barriere coralline non sopravvivranno all’uomo e saranno i primi ecosistemi a raggiungere l’estinzione ecologica nell’era moderna. A minacciarne l’esistenza sono i cambiamenti climatici e l’acidificazione degli oceani, entrambi frutto delle sconsiderate quantità di gas a effetto serra che riversiamo nell’atmosfera.

Secondo un rapporto dell’Ipcc la maggior parte delle barriere coralline tropicali scomparirebbe anche se l’aumento delle temperature globali fosse limitato a 1,5 gradi, e sarebbe “a rischio molto elevato” se l’aumento fosse di 1,2 gradi

“Da anni gli esperti ci mettono in guardia sugli impatti del cambiamento climatico sulle barriere coralline tropicali. Quanti altri campanelli d’allarme dobbiamo aspettare prima di fare le scelte giuste? Dimezzare le emissioni di gas serra e tutelare le zone più sensibili dei nostri mari è l’unico modo di evitare che ecosistemi così preziosi scompaiano con gravi conseguenze anche per l’uomo”, conclude Giorgia Monti, campagna Mare di Greenpeace Italia.

 

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Questi eventi globali devono essere un monito per agire al più presto e più efficacemente possibile per salvaguardare la biodiversità marina e corallina, ma non solo”, afferma David Wachenfeld, Great Barrier Reef Marine Park Authority, ricordando che le Nazioni Unite hanno calcolato che il 90 per cento dei coralli di tutto il mondo potrebbe andar perso se le temperature dovessero aumentare ancora.

La Grande Barriera Corallina è uno dei parchi più conosciuti al mondo e contribuisce in maniera significativa all’economia australiana.

Greenpeace Australia chiede al governo federale, nel momento in cui vengano prese misure di stimolo all’economia, di non sostenere l’industria del carbone e promuovere la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che rappresentano la principale minaccia per la barriera.

 

 

 

 

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